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Prendiamo l’esempio della regione del Sichuan, devastata da un terribile terremoto poco più di due anni fa. Questa regione ha ricevuto un quarto dei 4.000 miliardi di yuan del piano di rilancio attuato dal governo cinese nel novembre 2008. In meno di 18 mesi, e partendo da zero, è stata creata e montata una linea ad alta velocità di 65 km tra le città di Chengdu e Dujiangyan. E’ proprio nelle province interne della Cina, e a maggior ragione nel Sichuan, che si può cogliere come la forte crescita economica, sostenuta dal fabbisogno di investimenti sia dell’edilizia abitativa sia nelle infrastrutture, sia divenuta oggi come per domani una realtà. Per dare un nuovo tetto a 15 milioni di persone che hanno persotutto ci vuole più di un giorno, anche in Cina. La cittadina di Beichuan era stata completamente distrutta: niente paura, New Beichuan è già in fase di costruzione con dieci mila appartamenti quasi pronti. Di fronte a questa nuova città, un villaggio tradizionale Qiang è in fase di sviluppo poiché il turismo in questa provincia nordoccidentale del Sichuan è un motore della crescita futura per la regione. I lavori procedono spediti ma mai abbastanza per coloro che vivono tuttora in alloggi precari e di fortuna. E ce ne sono ancora milioni. Concentrarsi quindi sullo sviluppo degli enormi centri urbani come Pechino o Shanghai tende a darci l’erronea impressione che la grande era di sviluppo e di investimento sia già alle nostre spalle. La realtà è ben diversa e la politica di “crescita armoniosa” decisa dal Presidente Hu inizia ad avere un senso quando si considerano le vaste province interne. Qualcuno potrà obbiettare che alcuni bilanci siano malgestiti, alcuni fondi sottratti e alcuni prestiti ingiustificati e non redditizi. E’ vero, ma per il momento non è un problema pertinente e a maggior ragione grave, finché la crescita rimane solida, ossia superiore all’8%, livello minimo previsto dal Comitato Centrale del Partito. Questo livello di crescita sta perdurando.
Il consumo delle famiglie è in continuo aumento (15%-20% su base annua), con un’inflazione controllata intorno al 3%. Il commercio estero, nonostante le aspettative, continua ad essere florido, l’accumulo di riserve valutarie non si affievolisce. La nostra fiducia nei confronti dell’economia cinese è sostenuta da due eventi recenti: il via libera dato alla rivalutazione dello yuan e l’aumento degli stipendi da parte di aziende emblematiche di Taiwan e del Giappone. Sicuramente nella pratica l’apprezzamento della valuta rimane tuttora marginale, ma dal punto di vista politico esso apre le porte verso una progressiva liberalizzazione della quotazione. Quanto all‘aumento degli stipendi, si tratta di un punto positivo. Da una parte, non nuoce alla competitività cinese dato che da 20 anni a questa parte i guadagni di produttività sono sempre stati superiori all‘aumento delle rimunerazioni. D’altra parte, sembra essere un buon metodo per stimolare il consumo voluttuario,proprio ciò che i paesi sviluppati reclamano alla Cina con molta enfasi politica. Infine, se ciò dovesse incoraggiare le aziende a trasferirsi per trovare nuova manodopera a costi inferiori, queste aziende investirebbero all’interno del paese. Ora che le infrastrutture nelle zone interne sono importanti e più moderne, i costi logistici si riducono notevolmente. L’obiettivo del Presidente Hu è proprio una distribuzione dei frutti della crescita verso le regioni interne del paese, già anticipata a suo tempo dal Presidente Deng. In questo modo, la crescita sarà progressivamente meglio distribuita, più “armoniosa”, stando ai termini del Partito comunista. Già oggi la crescita economica delle province interne della Cina è sensibilmente più dinamica rispetto a quella delle province costiere orientali.
Le autorità cinesi sono ricorse ad un inasprimento delle condizioni di concessione del credito, hanno costretto le banche ad effettuare stress test, una ripresa nel loro bilancio dei crediti concessi alle società di investimento fuori quadro normativo, e stanno valutando l’implementazione di una tassa fondiaria. In breve, stanno organizzando un “soft landing”. E funziona! L’economia sembra riprendere un ritmo di crescita che allontana il rischio di surriscaldamento, i prezzi immobiliari nelle grandi metropoli tornano alla normalità, la crescita del credito rallenta. L’attività manifatturiera resta comunque vigorosa, come dimostra il rimbalzo degli ultimi dati dei Direttori d’acquisto. I mercati emergenti, avendo sovraperformato l’insieme dei mercati sviluppati nel mese trascorso, hanno confermato la nostra convinzione che l’inasprimento monetario sta per concludersi senza aver compromesso la dinamica della domanda interna dei paesi interessati, tanto in Cina quanto in India o in Brasile. I nostri investimenti diretti nei paesi emergenti rappresentano attualmente quasi un terzo degli investimenti azionari. La nostra convinzione che una liquidità globale sufficiente e soddisfacente in grado di permettere alle economie emergenti di beneficiare appieno di una solida domanda interna è stata rafforzata dalla revisione al ribasso delle previsioni di crescita negli Stati Uniti, senza tuttavia temere un ritorno in recessione. Dopo una serie di dati inquietanti usciti alla fine della primavera, negli ultimi giorni sono finalmente arrivate notizie migliori. Era ora! L’espressione “doubledip” era sulla bocca di tutti e su tutta la stampa. Noi non eravamo così pessimisti. Dopo la vivace ripresa dell’attività riconducibile alle misure fiscali e monetarie, l’economia sta perdendo vigore. Era prevedibile. Il mercato immobiliare rimane indebolito, soprattutto dai numerosi pignoramenti. Di conseguenza, il settore dell’edilizia è esangue e l’attività di credito ridotta al quasi – nulla. E l’Europa in tutto ciò? Essa è divisa in “Europa meridionale – per niente express” e “Germania Express”. Con un trimestre di crescita alla cinese (e una crescita annua prevista al 3%), va sottolineata la performance dell’economia e in particolare dell’industria esportatrice dei nostri cugini d’oltre Reno. La Germania è sostenuta da un euro debole perché la propria industria è già competitiva a livello internazionale. Non si può dire lo stesso per la Spagna e a maggior ragione per la Grecia. Il tasso di finanziamento a 10 anni della Germania è del 2%, quello della Grecia è dell’11%. E in tutto ciò, il coraggioso Jean - Claude Trichet cerca di consolidare un’unità monetaria. Gli stress test delle banche hanno avuto effetti limitati poiché la fiducia nel sistema interbancario è ancora estremamente selettiva. Le banche sono sempre molto avide di depositi,e vanno così bene che alcune di loro offrono fino al 4,5% d’interesse sui depositi a un anno! Grazie ai risultati tedeschi, la Bce ha così rivisto al rialzo le proprie previsioni di crescita. Dall’1% all’1,6% per quest’anno e dall’1,2% all’1,4% per il 2011. L’1,4% di crescita nella zona euro. E’ ovvio che siamo di fronte ad un duplice problema: stabilizzare la disoccupazione e ridurre i deficit. Il Promotore finanziario Asia…realtà o finzione…? di Ivan Goretti Ban ca Network investimenti p.zza XX settembre, 44 tel. +39 0721 800688 www.ivangoretti.it ivan.goretti@pf.bancanetwork.it Rubriche |